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Arte Contemporanea Moderna in Sicilia |
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Prima che la rassegna, inscindibile da essa per motivazioni presenze e contenuti, ad antefatto, si è seguito un itinerario attraverso il Continente Sicilia - ci piace così definire l'isola per le sue molte differenze antropologiche e geografiche, confermate in questa esplorazione del mondo dell'arte.
Da questa fase preparatoria è nato il tutto: il visibile del messaggio insito nelle opere presenti, il sottinteso delle scelte fatte dagli artisti e dal gallerista, gli spazi assenti che parlano un loro linguaggio di timidezza, di disabitudine al confronto, di legami con altro o con altri. Lo spirito della rassegna ha in oltre come imperativo categorico la libertà delle scelte, l'azzardo di agire senza reti di protezione, la sottile speranza di scoprire artisti e arte nuovamente protagonisti di rinascita civile. L'itinerario è stato un percorso per l'isola, senza nozioni preconcette o griglie precostituite alla ricerca, con la sana curiosità di una personale scoperta, degli artisti per comprendere attraverso i loro linguaggi in quale direzione sta andando l'arte in Sicilia. Di primo acchito e ancora una volta, come si verifica in altri settori, la realtà siciliana si è rivelata con mille sfaccettature e aperta ad ogni espressione e sperimentazione. Questa evidenza stupisce quando raffrontata all'apparente isolamento degli artisti che sembrerebbe toccarli nei contatti con il mondo internazionale dell'arte mentre è più reale nelle interrelazioni tra loro per la mancanza di spazi di incontro e di confronto quotidiani e periodici. Le gallerie promuovono preferibilmente mostre personali aprendo le loro porte ai nomi consacrati, i più vendibili. Pochi sono gli spazi riservati alle collettive e ancora di più quando queste hanno il carattere di verifica di una situazione e la natura di occasioni di scambio e di esperienze. Assenti le opportunità di farsi conoscere per le giovani leve, i ragazzi che escono dalle Accademie e dalle Scuole d'Arte per i quali, ancora influenzati dagli schemi didattici e dalla venerazione per i mostri sacri dell'arte dell''900 è vitale misurarsi con gli ambienti attenti al fenomeno artistico. Iniziative con tale carattere mancano fra le tante, spesso ripetitive, manifestazioni culturali promosse dalle istituzioni. Queste carenze di conseguenza si riflettono nella cristallizzazione delle raccolte pubbliche, ferme ad opere datate alla metà del passato secolo. Ma se questi dati mostrano una Sicilia dalla cultura codificata e statica per assurdo ciò ha un suo risvolto positivo nella libertà senza condizionamenti che hanno gli artisti nell'esprimersi. La mancanza di consistenti committenze da parte del potere politico e della Chiesa, in altri secoli molto attiva a riguardo, ha consentito loro di affidare solo alle proprie esigenze di ricerca il personale messaggio artistico. Il caleidoscopio emerso da questa esplorazione sul territorio ha posto in luce una Sicilia dell'arte in sintonia con i movimenti europei e internazionali ai quali si è saputo guardare al di là dell'intenzione di imitazione. Gli artisti locali, con la sensibilità di chi vivendo pienamente nel proprio tempo avverte lo spirito di modernità di quanto si va elaborando, ha saputo lasciarsi coinvolgere. Le scelte e le adesioni ad uno o altro movimento sono avvenute a livello individuale e in ordine sparso. In questi ultimi anni non si sono verificate formazioni di gruppi aggregati per gli stessi orientamenti. Fa eccezione il Gruppo di Scicli, impegnato nella tematica del paesaggio studiato in tutte le sue implicazioni e attento agli effetti della luce mutante. La ricchezza delle ricerche e degli esiti che hanno fatto degli anni '60 del Novecento una delle stagioni più feconde e tutti gli "ismi" di quegli anni - rivisitati, miscelati, citati - sono presenti nella policromia, nel segno e nell'uso disparato della materia attraverso cui ci si esprime. Tra coloro che sono attivi si nota un distacco dalla stagione del neorealismo che aveva visto personalità dominante Renato Guttuso. La storicizzazione di quel mondo contadino rappresentato in tutte le sue tragedie innesca una riflessione che tocca i giorni nostri e un'umanità non meno dolente e tragica. Unico a dipingere una novella zattera della Medusa con il suo carico di morte datato anni 2000 è Gai Candido nel ciclo dell'Africa. In questa rassegna ad essere sempre presente è la Sicilia anche se talvolta non immediatamente riconoscibile. E ciò comporta il dovere scavare nell'essenza delle opere stesse. L'anima dell'isola si svela nei colori accesi e negli accostamenti arditi, nella densità della materia simile alle terre, ai gessi, alle lave dell'isola. È rievocata nei fantasmi di umanità che riappaiono da sedimenti di presenze antiche di secoli. Può essere richiamata da immagini che suggeriscono punti di vista dall'alto, rese poco leggibili da velature di scorie che mascherano i contorni e frappongono una miriade di forme a celare la visione d'insieme o percorse da graticci fessurati che lasciano intravedere trasparenze affollate di segni delle opere di Emanuele Diliberto. Forza della materia che erompe, piani di colore che si separano netti con immissione di piccole macchie di colore contrastante disegnate in forme definite che spiccano nell'insieme fino ad inciderne lo spazio usa Sandro Bracchitta nei suoi olii lavorati come fossero incisioni (oltre che pittore e grafico). Manipolando e piegando la materia per creare spessore plastico in superfici piane Giovanni Leto (entrato a far parte nel 1999 del Gruppo Aniconismo Dialettico con cui nel 2002 espone al Museo Michetti di Francavilla a Mare) crea colore allo stato primordiale come fosse attorcigliamento di gesso, di pomice, di lava in attesa dell'opera dell'artista che, nel prosieguo della ricerca frantuma, polverizza per ridurre a pellicola pittorica lasciando un frammento di materia che si dissolve in colore giocando in gradazioni. Non collocabile tra astrattismo e figurativismo- come egli stesso precisa- é Gigi Martorelli. Il suo tratto disegnativo in evidenza nel primo periodo della sua ricerca va scomparendo per fondersi in colore nelle opere dell'ultimo periodo dove cambia la tavolozza divenuta più varia e in cui sono preponderanti gli azzurri, i rossi stesi in ampie campiture. L'isola e' presente in modo prepotente nei frutti, nella inequivocabilità dei paesaggi. Il paesaggio urbano delle periferie degradate, triste negli oggetti e nei colori, uguale a se stesso nella globalizzazione dello squallore è il tema trattato da Giuseppe Cassibba che nella sua Periferia bombardata propone uno dei tanti scheletri di palazzi, immagine consueta dei nostri incubi televisivi. La fotografia aerea, le mappature del territorio fatte da satellite, con intimo orgoglio umano di dominare la terra e la felicità del realizzato sogno di Icaro, costituisce il punto di partenza dei paesaggi di Fabio Sciortino che vedono assotigliarsi le linee di contorno ed evidenziare i colori sfumati per una simulata lontananza. Se di naturalismo si parla sembrerebbe che questa definizione debba divenire ovvia quando riferita alla fotografia, fissazione dell'immagine mediante uno strumento azionato dalla mano dell'uomo. Ma accade che quest'uomo sia talvolta un artista e che l'obiettivo nelle sue mani riesca a carpire l'attimo di un gesto, un moto improvviso, un pensiero nascosto. Fissa un'inquadratura inconsueta, cercata nella sua originalità, creata dall'ombra delle nuvole, da uno scherzo di luce, dalle gocce sospese nell'aria. L'imprevedibilità o la ripetibilità delle azioni umane possono rivenire, se fermate da un obiettivo fotografico, con il trascorrere del tempo documenti di un' epoca, testimonianze antropologiche. Le opere dei due fotografi presenti in questa rassegna (un minimo rispetto al loro immenso archivio) sono esempi della fotografia d'artista con la Sicilia per protagonista. Tre temi differenti per Giuseppe Leone. L'uomo, il paesaggio antropizzato, la magia della luce per Melo Minnella. Sono due Sicilie:Occidentale e Orientale, due mondi distinti, con le loro peculiarità. Il carrettino di Melo Minnella sta entrando nella memoria di una Palermo che si stenterebbe a trovare oggi. E' attualissima immagine per il metodo di coltura intensiva che trasforma il paesaggio agrario in campi disegnati da strisce:sono le coltivazioni di angurie e meloni nella fase iniziale sul finire della primavera. Enigmatica la campagna di Vicari per lo scherzo di una nebbia sottile. I due nudi femminili, Eros, per Giuseppe Leone sono un tema inconsueto mentre un taglio allusivo legato al dibattito suscitato ha stretto di Messina. La Sicilia barocca celebra se stessa fra gli stucchi di Palazzo Biscari contrapposti alla minuscola e solitaria dama in poltrona. Il paesaggio è primo attore della poetica e del mai abbandonato tema di ricerca di Piero Guccione. L'artista ne ha fatto il filo conduttore di tutta la sua attività e lo ha osservato e studiato in tutte le sue implicazioni trovando nell'uso del pastello la tecnica più idonea a tradurre la luce della Sicilia calda e abbacinate a tal punto da smorzare sotto un impalpabile velo di foschia tutti i colori. I suoi cieli di celeste spento e le sue marine immobili per calma piatta materializzano mentali acuti odori di sciroccate siciliane. Di Guccione la rassegna espone un ritratto a pastello, pezzo raro, nato da un gesto di amicizia e genere riservato a pochissimi privilegiati. L'altra sua opera è un fiore di ibiscus colto e poggiato, rosso contro il rosso più cupo del tramonto d'estate. Franco Polizzi,di Scicli come Candiano presente in rassegna con tre sculture e non come pittore,propone tre paesaggi, tra i quali un pastello, legati ai luoghi del ragusano e immersi in una luce limpida che li staglia contro il cielo, accende i gialli dei campi di grano e la pietra dorata dei muri. Le tre sculture di Carmelo Candiano,tre girasoli scolpiti nel marmo di Carrara,in pietra arenaria di Donnalucata, ed in pietra pece propongono geometrie a spigoli vivi alternate a morbide linee curve in una successione che gioca trasformando, nella rotazione, le geometrie.La massa nero ebano del girasole in pietra pece esercita grande fascino. Per sua stessa dichiarazione Vincenzo Nucci, di Sciacca,ha fatto la scelta di dipingere il paesaggio, ed in questo caso il territorio saccense .Lo ha assunto a soggetto ispiratore delle sue opere e oggetto continuo della sua ricerca che implica lo studio della luce per quanto essa influisce a disegnare i contorni degli oggetti, a creare le ombre e a variare le tonalità dei colori. I suoi cieli sono addensati di celeste e macchiati del giallo di sabbie africane sospese.I giardini esplodono in ciuffi di palme e cascate di cactus e bouganville. Un trionfo di vegetazione invadente nasconde finestre e balconi sempre chiusi insinuando una sottile malinconia per un mondo avviato alla dissolvenza. Attivi a Palermo-dando alla loro presenza nella città il significato di incidenza nel discorso artistico - Croce Taravella, Maurilio Catalano, Franco Castiglione, Gai Candido. Diversissimi tra loro per formazione,ambiti di ricerca,mezzi di espressione, frequentazioni di spazi espositivi e culturali, propongono una sintesi di quanto hanno creato ad un pubblico curioso di sapere in che direzione si muovono. La loro presenza si accompagna al rammarico che la sfida non trovi una schiera più folta e che le collettive siffatte non abbiano più frequenti promozioni. Di Croce Taravella non si può non dire che le sue opere colpiscono, scuotono fin nelle più intime fibre. Usa il tratto disegnativo con rabbia , come se la matita fosse un'arma e il colore a tocchi decisi, sovrapposti per sottolineare quanto dal pensiero viene trasmesso al suo atto. Ha sperimentato varie tecniche al fine di ottenere i maggiori risultati.Maturando il suo linguaggio graffiante è andato razionalizzandosi senza perdere i segni della riconoscibilità. Espone tre opere tra cui una scultura . La Sicilia di Maurilio Catalano è sottintesa ,rappresentata essenzialmente dal mare che la circonda, il Mediterraneo del mito e della storia , di un ultrazzurro brillante, immoto nel tempo, popolato di navigli, di animali marini, dipinti in sequenza processionale da affresco cretese. Franco Castiglione, partito dall'astrattismo ed oggi approdato ad un naturalismo astratto propone una tematica incentrata sull'uomo sintetizzato in pure linee, un involucro di umanità la cui essenza è determinata dal colore. Il suo polittico in quattro tavole ha protagonista l'Uomo dei nostri giorni,mai vincente e ,in ecce Homo ,segnato da moderni strumenti di tortura. Un asettico assassinio segnato da un minuscolo foro rosso sulla camicia, in corrispondenza del cuore - Africa addio - denunzia per Gai Candido i crimini del mondo industriale verso l'Africa,ripresi nella -Nigeriana-, ovvero lo sfruttamento in terra europea. Forme e colori sono nitidi, puliti, in contrasto con i contenuti del messaggio: una interpretazione di occultamento di ipocrisie? Il suggello alla rassegna ed alla sua complessità è spettato a Salvo Russo, la personalità più complessa che potesse accettare l'invito alla partecipazione. E' difficile collocarlo in un movimento e la definizione sulla sua personalità ce lo fa inquadrare in una vasta cultura eclettica che sottende la conoscenza di secoli di arte. E' romantico, esoterico, surreale, metafisico. La sua ricerca è nutrita delle pagine piu' significative della storia dell'arte europea. Il suo substrato culturale dà vita a visioni oniriche cariche di simboli dove le tante citazioni si compongono e scompongono intrecciandosi in un gioco che le rende difficilmente riconoscibili dalla fonte a cui si è rifatto. L'uso della luce , avvolgendo il tutto con riflessi dorati del tramonto incombente crea zone d'ombra alternate a sprazzi di luce. L'uso del colore è sapiente, calibrato, ricco di cromie, attento allo studio dei maestri del passato. In uno spazio e per un tempo determinato si avrà la possibilità di interloquire con opere di artisti siciliani, di ultima datazione. Sarà una visione a volo d'uccello sull'attività di coloro che, comprendendo, hanno assecondato il carattere di sfida dell'iniziativa. Si sono sottoposti, ma ancora di più sottoporranno il pubblico che si troverà dinanzi alle loro opere a cercare il bandolo di un discorso che potrebbe apparire cacofonico. In tempi di grande confusione, ed i nostri giorni lo sono, ciò non dovrebbe stupire ma essendo l'arte -in tutte le sue forme e liguaggi-specchio di un epoca ed essendo l'artista con la sua poetica colui che nella società ha, per sensibilità ed intelligenza delle cose e dei fatti storici, la maggiore capacità di comprensione solo l'arte ci può dare un suggerimento o una indicazione per ritrovare la strada verso il domani . Ciò implica una maggiore presenza degli artisti nella società con conseguente raddoppio della loro attività e l'abbandono di "aristocratici" isolamenti. Il nostro, in un frastuono da inquinamento acustico, è periodo di isolamento, ragione primaria di incomprensione. Dibattito, dialogo, comunicazione sono elementi inscindibili dal fare cultura. fare cultura è rinnovarsi, nutrire le potenzialità umane. Questa rassegna sarà un minimo. E' solo un piccolo -anche se faticoso- contributo. L'auspicio è che si continui e non ha importanza di chi lo faccia. Meglio se si sarà in tanti. Anna Maria Schmidt |
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