Zhang Dali - Profilo critico

Fuggito dopo Tiananmen in Italia, a Bologna dove è rimasto sei anni, tornato a Pechino nel 1995 impattando con una società già radicalmente cambiata, Zhang Dali è diventato il graffitista delle macerie urbane e degli edifici in attesa di essere abbattuti, sui quali traccia come un "logo" il suo profilo e la sua firma, Ak47, che suona come la sigla del kalaschnikow : "Voglio essere forte ed efficiente come quest'arma. Ak47 è anche il simbolo della violenza della città contro i suoi abitanti".

Artista engagé ed estremamente versatile, che lavora con molti media, dalla foto e la performance alla pittura e alla scultura, nell´atelier come nello spazio urbano, attualmente Zhang Dali porta avanti un progetto drammatico che ha l´apparente neutralità di un inventario antropologico.

Nel suo studio al margine di Pechino, in una zona ancora semiagricola, si ammassano e pendono dal soffitto i calchi dei corpi nudi dei lavoratori migranti, che dalle campagne si spostano verso la metropoli alla ricerca di lavoro e futuro.

Sculture dal vero che raccontano una nuova classe degli "ultimi", silenziosa e sradicata, vite calcinate come i loro corpi destinati ai cantieri del progresso, ad occhi chiusi come di chi è smarrito o già morto senza essere vissuto se non come pedina.

 

Eva Di Stefano